Destini incrociati. Mi veniva in mente il romanzo “Il castello dei destini incrociati” di Italo Calvino, ieri sera, mentre al presidio dei lavoratori Cat di Jesi ascoltavo gli interventi, alternati tra loro, dei delegati delle rsu della Caterpillar di Jesi e del collettivo della Gkn di Campi Bisenzio (qui per la prima tappa dell’Insorgiamo tour).
Nel romanzo di Calvino, del 1973, alcuni viandanti, da direzioni diverse, si perdono in un bosco e si incontrano in un castello, ma hanno perso l’uso della parola, così per raccontarsi le loro storie possono usare solo un mazzo di tarocchi, che a turno dispongono sul tavolo e ad ogni sequenza delle carte corrisponde un racconto, che però può essere interpretato anche in più modi, o è aperto a più possibilità, da scoprire e trovare, o provare a raccontare da punti di vista diversi, ma usando sempre e soltanto le carte, iniziando così, in questo modo difficile e che richiede grande immaginazione, a comprendersi e intrecciarsi tra loro.

Si parlava di Storia, ieri, di storia del territorio, del lavoro e dei suoi risultati che appartengono al territorio (anche lo stabilimento di via Roncaglia a Jesi è figlio di quella storia, delle lotte della Sima) e a chi di quel territorio è parte costitutiva; rispondendo con la materialità del territorio alla virtualità delle proprietà finanziarie, che come bolle crescono sulle spalle dei vari territori, e come bolle quasi ne respirano l’aria. La storia non come un amarcord nostalgico ma come parte della realtà odierna, la nostra narrazione che siamo noi.
La Gkn, come multinazionale, entrò allora, per un momento, nella storia della Sima. La Simeide. Nel 1980, nella prima fase della crisi, quando il vecchio proprietario, quello che aveva causato il disastro, era stato messo nella condizione di non decidere più e altri tentavano ancora il salvataggio, con prestiti bancari ( era stata capofila del pool di banche la Cassa di Risparmio di Jesi) e con imprenditori che volessero investire direttamente in Sima. A luglio vennero a Jesi il Presidente Wilkinson e il principale azionista Butler, poi erano andati in Inghilterra l’allora amministratore della Sima, l’americano Raffaldini accompagnato da Rossignolo della Fiat, in quel momento il numero uno della riorganizzazione internazionale della Componentistica Fiat (di Rossignolo nel libro La Simeide parlo in un breve capitolo intitolato “Piccoli animali di cortile”, riprendendo una sua espressione per definire con nonchalance il parco buoi dei piccoli fornitori Fiat).
Il Consiglio di Fabbrica e anche il sindaco di Jesi Aroldo Cascia (racconta infatti questa vicenda della Gkn anche Leonardo Lasca nel libro Aroldo Cascia il sindaco rosso, che sarà presentato a Jesi il prossimo 26 febbraio, a due anni dalla scomparsa di Aroldo), ne furono informati solo qualche mese dopo, quando gli operai alla Sima avevano iniziato ad innervosirsi, diciamo così.
Sono gli stessi mesi del braccio di ferro alla Fiat, da poco è amministratore Cesare Romiti e c’è prima la minaccia di licenziamento e poi la casa integrazione a zero ore per 23 mila operai; la vicenda si conclude male, si tira dietro pure una crisi di governo e a Torino si ha la famosa marcia dei quarantamila che chiude anche simbolicamente un’epoca sindacale. In questo contesto, già di per sé alquanto complicato, ci sono pure altre trattative commerciali per nuovi canali o accordi di fornitura tra Iveco e altri partner forse americani, e a livello nostrano c’è pure il muoversi in libertà di diversi politici che per protagonismo promettono nuove strade che forse nemmeno esistono.
Solo confusione. Alla fine la trattativa salta, tanto più che Gkn chiede una cessione del pacchetto azionario senza nessuna contropartita, una sorta di resa senza condizioni, così alla fine non si fa più nulla e l’ad della Sima, l’americano, si dimette perché la sua strategia ha fallito, aprendo alla Sima un periodo di interregno, con amministratori che si dimettono uno dietro l’altro.
Intanto, lo scontro ha evidenziato uno scenario non solo localistico ma internazionale, e il Consiglio di Fabbrica inizia a muoversi di conseguenza, comincia a prepararsi per il momento più alto della scontro, quando nel periodo di carnevale del 1981 si forzerà la mano con un bel blocco delle merci, così totale che ne sentono il colpo anche alla Iveco, dove diverse linee produttive sono costrette a rallentare, ma è questo il modo per andare verso l’apertura, a fatica e ancora tutta incerta, di un nuova strada che possa davvero portare a degli sbocchi, e che per il momento deve passare per il commissariamento dell’azienda. Poi la lotta durerà ancora, prima di concludersi.
Si fa presto a dire lotta, occupazioni, cortei, striscioni, intanto si tratta di sacrifici, e poi dietro c’è sempre un intero mondo di “destini incrociati” che reclamano intelligenza, attenzione, interpretazioni che non conosci mai prima che le cose accadano, ma comunque richiedono ugualmente scelte altrettanto determinate; è stato bello ieri sera vedere come lavoratori di realtà diverse si ritrovino – come viandanti in un bosco intricato – in questo percorso.

Loro possono parlarsi e far sentire le loro voci (lo fanno oramai anche “simbolicamente”, come ieri sera prima dell’assemblea, inrociando i loro slogan e i loro canti di battaglia, e anche le loro parole d’ordine: #senzatregua e #insorgiamo, e anche qui si riprendono slogan partigiani di una storia che non è solo amarcord); possono far sentire le loro voci e allora i racconti che si scambiano sono come quei tarocchi da reinterpretare insieme di continuo, nella strada che devono aprirsi. Nel romanzo di Calvino alla fine uno dei viandanti commenta: «Lasciatemi così. Ho fatto tutto il giro e ho capito. Il mondo si legge all’incontrario. Tutto è chiaro».