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Studenti e operai uniti nella lotta

STUDENTI E OPERAI UNITI NELLA LOTTA. A farmi tornare in mente questo vecchio slogan nato nel ’68 (lo stesso anno della foto qui accanto) tanto lontano e così dimenticato da apparire oggi svuotato di senso, sono stati due inviti che ho ricevuto di recente, e che il caso ha voluto che arrivassero quasi insieme, molto vicini tra loro.

SABATO 13 incontro gli STUDENTI delle classi quinte dell’Ipsia di Jesi: portiamo a scuola il reading concerto Vi Cunto e Canto la Libertà, con racconti e canzoni su episodi del Novecento, dalla Resistenza agli anni Ottanta, e concluderemo ricordando una bella lettera di solidarietà che 1364 studenti jesini consegnarono il 20 gennaio 1987, attraverso il Sindaco Fava, agli operai della Sima di Jesi in lotta per mantenere aperta la loro azienda. Durante il reading inviteremo a leggere quella lettera a uno degli studenti di oggi, nato del duemila, che allora non c’era.

LUNEDÌ 15 incontro gli OPERAI della Caterpillar in assemblea, in quello che fu proprio lo stabilimento della Sima in via Roncaglia, che non fu smantellato e ancora oggi funziona. Vi sarà con me Giordano Mancinelli, primo Presidente dello storico Consiglio di Fabbrica della Sima, e ricorderemo proprio quella lunga e caparbia lotta – che racconto nel libro La Simeide. Una lotta vincente – la quale diede il principale contributo alla continuità di quella realtà produttiva.

Penso che inizierò il mio intervento leggendo proprio la lettera di quegli studenti di 32 anni fa – e magari qualcuno di loro si trova proprio in mezzo a questi operai di oggi – i quali allora terminavano il loro attestato di solidarietà con queste parole: “Fra pochi anni il mondo dovrà accogliere anche noi. Siamo convinti che formarci per un futuro diverso sia non solo un nostro diritto ma soprattutto un nostro dovere. Non deludete i nostri sforzi e le nostre speranze.”
Trovo questa frase, scritta venti anni dopo il ’68, molto bella e capace di restituirci anche il significato pieno di quello slogan che ho citato all’inizio, e mi piace l’idea di trovarmi ora a fare come da staffetta tra i due incontri che avrò sabato con gli studenti e lunedì con gli operai.

L’incontro con gli studenti dell’Ipsia il 13 aprile (ALTRE FOTO)
L’assemblea con gli operai della Caterpillar il 15 aprile

Tra preziose memorie

Ieri rimbombava solo del suono delle nostre voci e degli strumenti musicali, la grande sala della ex centrale elettrica Ceci, nel quartiere di Borgo Conce a San Severino Marche, che ci ha ospitato per La Simeide in reading concerto, in apertura della serata organizzata da I Teatri di San Severino e poi proseguita con la visita agli stessi musei dedicati alla centrale elettrica, in funzione qui fino ad una quindicina di anni fa, per essere poi trasferita un chilometro più su, sempre lungo il Potenza.

Quando sono entrato ho immaginato subito il frastuono di quando la centrale era in attività, con le cascate d’acqua dentro le turbine, e il rumore in cui erano immersi quanti ci hanno lavorato per alcune generazioni, dalla fine degli anni venti del Novecento m’è parso di capire. Il legame indissolubile tra la produzione, in questo caso di energia elettrica, fondamentale nello sviluppo industriale degli ultimi centocinquantanni circa, e il lavoro umano, con tutta la sua complessità di relazioni sociali, sviluppi urbani, identità, frustrazioni, impegni quotidiani, riconoscimenti, connessioni, vite vissute.

E valori, e anche conflitti, la nostra storia, insomma, e la cultura, anche nella sua dimensione di spettacolo. Leggevo che a San Severino la corrente elettrica fece la sua prima comparsa nel 1886 per iniziativa di un impresario teatrale, che accese le luci a teatro. All’inizio fu uno spettacolo. Nell’introduzione al libro La Simeide, cito l’esposizione universale di Torino del 1884, dunque quegli stessi anni, quando la luce apparve per la prima volta in forma di spettacolo, con tutte le sue meraviglie.

Grazie all’iniziativa dei Teatri di Sanseverino e all’ospitalità dell’azienda Ceci, ieri abbiamo potuto portare qui, in forma di spettacolo, la storia della Sima di Jesi: non poteva esserci un posto più suggestivo, e così oltre alle voci e al suono della musica anche la nostra emozione sembrava rimbombare di soddisfazione e meraviglia, per la densità di significato e sentimento, e un po’ anche di mistero e avventura, di cui luoghi simili sembrano ancora carichi. Sembra la sala comandi del vecchio Nautilus, è stata la prima battuta che mi è venuta.

Sono molte le foto della serata, e anche brevi video, nonché articoli di promozione usciti nei giorni precedenti sulla stampa locale.

In terra di Farfisa la prima serata in libreria

30 marzo, libreria Aleph di Castelfidardo. La prima uscita in pubblico con “La Simeide” fuori da Jesi, dove la storia della Sima si è svolta e intrecciata profondamente con la città, l’abbiamo avuta sabato 30 marzo a Castelfidardo, un paese non distante ma toccato direttamente, in quegli stessi anni, da un’altra vicenda aziendale, quella della Farfisa, altrettanto rilevante, non solo per le notevoli dimensioni, rapportate alla nostra regione – 1.200 dipendenti nel suo momento di maggiore sviluppo – ma anche perché – come la Sima di Jesi seppure in un settore diverso – racchiudeva in sé un’intera storia e vocazione della zona, quella della produzione degli strumenti musicali, la patria della fisarmonica.

E in terra di Farfisa noi abbiamo raccontato la vicenda della Sima di Jesi, ad un pubblico che come era naturale aspettarsi era assai più raccolto rispetto alla folla incontrata a “casa propria” la settimana prima. Eravamo alla Libreria Aleph – già conosciuta da noi in passato con altri racconti in reading concerto, legati ai libri L’erba dagli zoccoli e ‘E Riavulille – a proporre, ad un pubblico “estraneo” alla vicenda della Sima, quella storia nella forma del reading concerto, con lo stesso testo in lettura già utilizzato nell’anteprima del convegno di Jesi insieme al gruppo Arci Voce, inserendo questa volta nello sviluppo del reading ulteriori canzoni.

tCome accade sempre, quando un libro esce in pubblico non è più dell’autore ma diventa del lettore, e questo a maggior ragione lo è con i reading, grazie ai quali si sviluppa sempre un nuovo percorso narrativo, con una sua autonomia, fatta questa volta da più voci, in lettura e in musica, e allora quando si torna a riproporre gli stessi racconti narrati nel libro capita che si presta maggiore attenzione ad altri particolari di quella stessa storia o la si guardi da angolazioni diverse, e quindi si aggiunge una citazione in più che mancava nel reading precedente, ci si accorge che forse il commento musicale in quel punto può essere meglio sorretto da una diversa canzone, da utilizzare magari nell’esperienza successiva, e poi anche la discussione che segue aiuta a focalizzare lati diversi di questa storia, che quando l’ho ricostruita e poi scritta mi ha impegnato per quattro anni, ma gli operai che ne sono stati protagonisti l’hanno vissuta per venti anni, e noi cerchiamo di condensarla in un’ora di tempo, ricondividendone le emozioni, i significati, ritrovandovi dentro ulteriori connessioni con altre storie, diverse nei nomi e nelle situazioni ma uguali nella densità di sentimento che vi hanno raccolto dentro.

E così questo nuovo viaggio in reading concerto lo abbiamo iniziato in terra di Farfisa, senza raccontare della Farfisa – che certamente meriterebbe – ma accompagnati tra gli altri anche da un suono qui familiare, quello dell’organetto. Mi divertiva in particolare notare questa coincidenza durante la canzone di chiusura del reading, un “inno dei malfattori” che è un omaggio all’intera tradizione delle lotte operaie dall’Ottocento in poi, e che la “Vi cunto e canto band” ripropone sulle arie di casa nostra, e quindi con l’organetto al centro. Qui nel video, una registrazione dal vivo e con mezzi di fortuna (manca tra l’altro anche uno dei musicisti) in una serata precedente di qualche mese fa, quando avevamo inserito in coda ad un diverso reading anche un piccolo anticipo proprio della Simeide, in quel momento ancora non pubblicato (le foto sopra invece sono della serata alla Libreria Aleph; altre foto su FB).

La solidarietà, riflessioni dagli interventi al convegno del 22 marzo

C’è una parola importante, solidarietà, che nel libro in realtà ho usato poco, solo dodici volte, ma che ugualmente attraversa con forza tutte le sue pagine. Una di queste dodici volte è a proposito di una lettera che gli studenti jesini consegnarono agli operai della Sima tramite il sindaco Gabriele Fava.

Era il 20 gennaio del 1987, giornata di sciopero cittadino con comizio in piazza, stava iniziando l’anno decisivo della vertenza, quasi l’ultima carta disponibile, il tentativo di traghettare la Sima nel regime della Gepi, operazione necessaria per consentire i passaggi ulteriori verso l’ingresso di un nuovo imprenditore capace di credere nelle possibilità di ripresa dell’azienda.

Qualche giorno prima del convegno aveva già ricordato questo episodio Maurizio Gabrielli, della Fiom, durante la conferenza stampa, forse lui stesso – Maurizio stava ricostruendo in diretta con noi i suoi ricordi personali – tra i firmatari di quella lettera. Poi la sera del convegno il 22 marzo è stato lo stesso Gabriele Fava a ricordare di nuovo l’episodio, citando il numero esatto degli studenti che avevano firmato la lettera, 1.364, quando non esisteva il comodo like di fb da cliccare a distanza magari svogliati o anche a sproposito, ma bisognava andare lì di persona con la penna in mano, e poi consegnarla quella lettera durante il comizio, in delegazione, con tutti gli altri studenti in piazza mescolati agli operai. Fava ci ha letto anche il testo originale della lettera:

“Noi, studenti delle scuole superiori di Jesi, consapevoli del nostro ruolo e della nostra importanza all’interno della società, abbiamo deciso di essere solidali in questo giorno, al di là di ogni adesione politica e ideologica, con quei lavoratori che legittimamente rivendicano il diritto al lavoro e alla salute delle aziende jesine (….) fra pochi anni il mondo dovrà accogliere anche noi. Siamo convinti che formarci per un futuro diverso sia non solo un nostro diritto ma soprattutto un nostro dovere. Non deludete i nostri sforzi e le nostre speranze.”

Un testo che trovo molto bello, capace di esprimere subito nella sua immediatezza, senza fronzoli, lo spirito dell’intera città attorno a questa lotta dei lavoratori della Sima, perché una lotta non è soltanto una rivendicazione ma è anche cultura e senso dell’identità.

Ringrazio Gabriele Fava per il suo intervento, le belle parole usate per il libro e per il lavoro che vi ho dedicato, e lo ringrazio per le testimonianze e i documenti, compresa questa lettera, che la sera del 22 ha condiviso con noi; il suo intero intervento è possibile leggerlo qui.

Preziosi anche tutti gli altri interventi, dall’introduzione di Ero Giuliodori, che ha proposto anche uno sguardo generale e storico sull’importanza della Sima e dei lavoratori della Sima già dagli anni Cinquanta, citando figure storiche come Oscar Capecci. Poi è intervenuto Aroldo Cascia, per me doppiamente prezioso perché nei quattro anni dedicati al libro ho potuto tenere con me a casa sempre a disposizione il suo prezioso archivio, che poi integravo uscendo a consultare gli altri due archivi utilizzati, in particolare quello di Cesare Tittarelli. E proprio Cascia ha voluto chiudere il suo intervento con un ricordo personale di Cesare Tittarelli, non solo nella sua militanza politica e sindacale ma anche come operaio solidale con gli altri fino all’assunzione dell’ultimo cassaintegrato, e poi la professionalità dell’operaio, che corrisponde sempre ad un lavoro inteso come diritto e dignità da riconoscere. Daniela Barbaresi, che non è testimone della Sima di allora ma del sindacato di oggi, in quanto lei è il segretario generale in carica della Cgil regionale, nel suo intervento ha sottolineato proprio l’importanza di rendere omaggio al valore e alla dignità di queste lotte degli anni passati, per il significato che ancora sono capaci di trasmettere alle lotte di oggi.

Lascio per ultimo Giordano Mancinelli, che in realtà come ex presidente del Consiglio di fabbrica è stato il primo a prendere la parola, perché voglio citare qui la chiusura del suo intervento.

«Sento infine la necessità di sottolineare, anche se sono passati trenta anni, che nel mentre tutti si impegnavano ed erano vicini e attivi nella ricerca di soluzioni anche imprenditoriali, la totale assenza della Confindustria nella ricerca e nell’indicare proposte per favorire la soluzione della crisi. Il compianto Oscar Barchiesi, allora segretario regionale della Fiom, disse che il padronato aveva teorizzato la chiusura della Sima, in quanto si voleva dimostrare che dove il Sindacato è forte le aziende vanno in malora. Concetto riportato anche nel libro dedicato al centenario della Camera del Lavoro di Jesi. Invece noi alla Sima abbiamo dimostrato che dove il Sindacato è forte e gli imprenditori per loro responsabilità portano le aziende sul lastrico, queste, proprio per merito dei lavoratori e della loro forza, si possono salvare. »

Questo rende ancora più evidente perché La Simeide fu una lotta vincente: non solo perché quello stabilimento oggi ancora esiste e vi lavorano duecentocinquanta operai, ma perché questo è stato reso possibile proprio perché il sindacato ( e il “sindacato” in azienda erano loro) era forte e aveva attorno la solidarietà della città.

Qual era l’elemento che dava maggiore forza? Secondo me proprio questa parola, con cui ho aperto questo articolo, la solidarietà. Non solo quella che gli operai ricevevano (nel libro cito oltre agli studenti perfino uno scambio di lettere tra il parroco della chiesa di San Pietro e il Cdf) e si scambiavano tra loro, ma esprimevano anche verso l’esterno, agli altri, compreso il futuro di quegli studenti. In un’epoca, come quella attuale, nella quale la propaganda reazionaria ha tra i suoi slogan più insistiti quel becero “prima gli….”, cito direttamente dal libro un altro significativo episodio di solidarietà, che ho ricostruito da un comunicato del Cdf del 12 dicembre 1980:

«Accade in questi giorni un episodio curioso, che ci mostra come l’attenzione degli operai resti viva, nonostante tutto, anche sui problemi generali. È in corso un’iniziativa sindacale per una trattenuta in busta paga a favore delle popolazioni colpite in ottobre dal terremoto in Irpinia e l’azienda ha fatto circolare un modulo da far firmare agli operai che non vogliono effettuare la trattenuta: il Cdf condanna l’atteggiamento della Direzione e invita a distinguere tra i comportamenti e le responsabilità istituzionali sul terremoto e gli aiuti tramite un’iniziativa autonoma del sindacato, e invita tutti a una responsabile riflessione su questa iniziativa di solidarietà che ha anche un valore politico. »

Sala troppo piccola o storia troppo grande?

“Palazzo dei Convegni troppo piccolo” commenta Pino Nardella su Qdm notizie del 23 marzo (accompagnato da una cartella di foto). Sì, è vero, c’era molta gente in piedi e forse qualcuno non è entrato, e potremmo anche avere una sala più grande, però alla fine è la storia raccontata che è grande di per sé e non è facile contenerla.

“Presentato il libro di Tullio Bugari: più di 12 anni di battaglie degli operai della Sima. Palazzo dei Convegni troppo piccolo, ieri venerdì 22 marzo, per ospitare la presentazione del libro che Tullio Bugari (foto in primo piano) ha voluto dedicare alle vicende della Sima e che, non a caso, porta il titolo esplicativo di La Simeide – Una lotta vincente. Con lui gli gli ex sindaci Aroldo Cascia e Gabriele Fava, Giordano Mancinelli, Daniela Barbaresi, segretario generale Cgil Marche, Ero Giuliodori, dell’Istittuto Gramsci, che ha presieduto il dibattito, e i saluti dell’assessore alla cultura, Luca Butini. Dibattito preceduto da una interessante anteprima in reading concerto con letture dal libro e canzoni dei musicisti e dei lettori di Arci Voce. Un romanzo storico – si dispiega dalla crisi finanziaria del ’77 sino al nuovo assetto proprietario di inizio anni Novanta – dal punto di vista degli operai La Simeide, che descrive minuziosamente più di 12 anni di lotta ininterrotta e comune – accompagnata da cortei, occupazione dei binari della linea ferroviaria, partecipazione attiva della città, degli studenti, i consigli di fabbrica -, risultata alla fine vincente anche se di mezzo furono messe «tante pietre d’inciampo». Una lotta vissuta dentro la quotidianità dei fatti con intensità e consapevolezza «secondo i modi sociali, politici e istituzionali di partecipare, condividere e mobilitarsi».

La prima uscita in pubblico

La Simeide, un libro di Tullio Bugari, Seri Editore. La storia di una lotta operaia vincente, tra gli anni Settanta e Novanta del Novecento, in un periodo in cui non soltanto cambiava il mondo ma anche il modo di percepirlo. Ecco una raccolta delle foto della serata di presentazione il 22 marzo a Jesi, organizzata da Spi e Fiom Cgil Ancona, Ist. Gramsci Marche sez. di Jesi, e Arci Marche.

Hanno conversato con l’autore Giordano Mancinelli, allora Presidente del Consiglio di Fabbrica, Aroldo Cascia e Gabriele Fava, sindaci di Jesi rispettivamente nei periodi 1975/1983 e 1983/1988; moderatore Ero Giuliodori dell’Ist. Gramsci e conclusioni di Daniela Barbaresi Segr. generale della Cgil Marche. Saluti dell’Assessore alla Cultura del Comune di Jesi, Luca Butini

Gli interventi degli oratori sono stati preceduti da un reading concerto di 30 minuti, con letture dal libro e canzoni dedicate. Un momento intenso per rivivere le storie e le emozioni, curato da ArciVoce. Una serata davvero importante, con una partecipazione davvero grande, attenta e carica di sentimento. Grazie a tutti.

Le altre foto su FB

I treni alla stazione: https://youtu.be/qI17_zlh2LI

La Sima e le lotte operaie in ‘Simeide’

Sintesi dell'articolo di Eleonora Dottori "Jesi, la Sima e le lotte operaie in Simeide, di Tullio Bugari", Qdm notizie del 20 marzo 2019.  (Con una divertente fotografia uscita fuori durante la conferenza stampa in Cgil, in posa "presidenziale", con libro rosso e bandiera sullo sfondo).

«Una battaglia sindacale durata più di dieci anni – ha ricordato Anacleto Giuliani per la Spi Cgil Ancona -. Un pezzo di storia della città di Jesi». L’autore del libro è Tullio Bugari, jesino classe 1952: «Nel ’77 si manifesta la crisi della Sima. Azienda leader in Europa per i suoi prodotti di qualità e per la professionalità dei suoi lavoratori. A colpire è la determinazione degli operai e delle operaie e il grande senso di responsabilità. Avevano 30 anni quando fermavano i treni e organizzavano manifestazioni, con il supporto di buona parte della città. Per superare questa fase di crisi i consigli di fabbrica avevano le idee chiare: cambiare la proprietà, non la produzione».

Un libro frutto del lavoro di ricerca storica, scritto con un linguaggio narrativo, che Bugari ha effettuato grazie all’archivio del centro Studi Libertari di Jesi: «Qui ho trovato tutto il materiale raccolto da Cesare Tittarelli, uno degli operai più noti dell’epoca insieme a Paolo Mancini. Stupisce anche il rapporto tra i consigli di fabbrica e le Amministrazioni comunali che si sono succedute, sempre attente alle questioni di questa parte della città». Forte la solidarietà con gli studenti: «Erano stati 1.400 gli studenti che avevano sottoscritto una lettera di sostegno per le lotte sindacali – ricorda Maurizio Gabrielli, nuovo responsabile della Fiom di Jesi -. Tra quei ragazzi c’era anche la mia firma».

«La Sima era un punto di riferimento. Sono cresciuti tantissimi personaggi simbolo del Novecento in ambito politico, sociale e sindacale» ha aggiunto Massimo Fiordelmondo per l’Istituto Gramsci Marche. La Simeide è il primo libro della collana dedicata a i saggi di Seri Editore: «Un libro che sposa perfettamente i valori della casa editrice – ha aggiunto Alessandro Seri, l’editore – Un libro che attraverso il racconto del passato fornisce indicazioni per il futuro».